Argomento: Imposte sui redditi
LE AGEVOLAZIONI PER GLI IMPATRIATI DAL 2024
Dal 29 dicembre 2023, data di entrata in vigore del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209, vengono abrogati sia l’articolo 16 del Dlgs 14 settembre 2015, n. 147, sia l’articolo 5, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, riguardanti le disposizioni agevolative per gli impatriati. Restano invece immutate le disposizioni agevolative concernenti gli incentivi per il rientro in Italia dei docenti e ricercatori residenti all’estero (cd. “rientro cervelli”).
Le previgenti disposizioni andranno gradualmente ad esaurirsi a favore di coloro che vi hanno già accesso ed hanno il periodo di godimento in essere al 31 dicembre 2023 o vi possono accedere anche nel corso del periodo d’imposta 2024. Infatti:
- – a livello generale le nuove regole si applicano a favore dei soggetti, in possesso dei prescritti requisiti di accesso, che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024. In concreto il trasferimento con l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente avviene nel corso dell’anno 2024;
- – transitoriamente, anche se la residenza fiscale in capo al soggetto interessato, secondo i principi relativi, si viene a concretizzare nel 2024, le disposizioni precedenti continuano a trovare applicazione nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023 ovvero, per i rapporti di lavoro sportivo, che hanno stipulato il relativo contratto entro la stessa data. Questi soggetti, se si sono trasferiti in Italia nel secondo semestre 2023, diverranno residenti ai fini fiscali nel 2024, ma continueranno ad applicare le regole impatriati vigenti fino al 31 dicembre 2023.
Regole per gli impatriati 2024
Il nuovo regime si applica ai contribuenti (lavoratori) che trasferiscono la residenza in Italia, a decorrere dal periodo d’imposta 2024, e che percepiscono redditi di lavoro dipendente, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni (svolte sia in forma individuale che associata, nella forma dell’associazione professionale), tutti prodotti in Italia. Sono esclusi dalla nuova agevolazione, al contrario di quanto avviene in vigenza del vecchio regime, i redditi di lavoro autonomo diversi da quelli di natura professionale e i redditi di impresa.
Requisiti soggettivi e oggettivi
Per i lavoratori che possono beneficiare dello speciale regime è previsto un abbattimento dell’imponibile fiscale del 50% su un limite di reddito annuo, concorrente alla formazione del reddito complessivo, non superiore a 600.000 euro annui, al ricorrere delle seguenti condizioni:
- devono impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia e a mantenere la residenza fiscale per almeno quattro anni (in questo caso si ritiene quattro periodi d’imposta), corrispondente al tempo minimo per evitare la decadenza dall’agevolazione;
- non devono essere stati fiscalmente residenti in Italia nei tre periodi d’imposta precedenti al loro trasferimento;
- l’attività lavorativa dev’essere prestata per la maggior parte del periodo d’imposta in Italia;
- devono essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 108, e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206.
In assenza di espressa previsione da parte della norma, si ritiene che si debba prescindere dal requisito della cittadinanza e che l’agevolazione possa essere applicata anche ai cittadini esteri (Ue e/o extra-Ue) in possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi.
La disposizione riconosce l’applicazione del regime di favore anche per i redditi di lavoro dipendente percepiti dai lavoratori che si trasferiscono in Italia sulla base di un rapporto di lavoro instaurato ed anche permanente (non è necessario che sia nuovo) con lo stesso soggetto (o con un soggetto appartenente al suo stesso gruppo) presso il quale è stato impiegato all’estero, a condizione che il requisito minimo di permanenza all’estero sia almeno di:
1) sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
2) sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.
Durata e misura dell’agevolazione
L’agevolazione fiscale spetta per cinque periodi d’imposta. Se il lavoratore, avendola acquisita, non mantiene la residenza fiscale in Italia per almeno quattro periodi d’imposta, decade dai benefici ed il Fisco provvederà al recupero di quelli già fruiti, con applicazione dei relativi interessi.
Lavoratori con figli minori
I redditi concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 40% del loro ammontare nei seguenti casi:
- il lavoratore si trasferisce in Italia con un figlio minore;
- nascita di un figlio ovvero adozione di un minore di età durante il periodo di fruizione del regime. In quest’ultimo caso il beneficio maggiorato è fruito a partire dal periodo d’imposta in corso al momento della nascita o dell’adozione e fino al termine del quinquennio di ordinaria durata dell’agevolazione, permanendo la residenza in Italia del figlio per lo stesso periodo.
Acquisto dell’abitazione principale in Italia
Viene transitoriamente riconosciuto un particolare regime di favore, prolungato per ulteriori tre periodi d’imposta, per i redditi dei soggetti che trasferiscono in Italia la loro residenza anagrafica nell’anno 2024 e che hanno acquistato, entro la data del 31 dicembre 2023 e, comunque, nei dodici mesi precedenti al trasferimento, un’unità immobiliare residenziale adibita ad abitazione principale in Italia. In tale caso i redditi agevolati, nell’ulteriore triennio aggiuntivo, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare. In questo caso il soggetto acquirente dev’essere personalmente il lavoratore e l’immobile non può essere stato acquistato da un familiare, (come invece avviene nelle pregresse regole).
SVIZZERA FUORI DALLA LISTA BLACK LIST
La Svizzera, grazie il decreto ministeriale firmato dal ministro dell’Economia che dà attuazione a quanto previsto dalla legge che recepisce la convenzione tra Roma e Berna e contiene la nuova disciplina dei lavoratori frontalieri, esce definitivamente dalla lista del Dm 4 maggio 1999, che individua la black list delle persone fisiche.
Tale lista era finalizzata a contrastare la fittizia emigrazione all’estero per finalità tributarie di residenti in Italia.
Ciò comporta, con decorrenza dall’anno d’imposta 2024, il venir meno dell’onere a carico del contribuente di dover dimostrare che il trasferimento non ha quelle caratteristiche che spingono il Fisco a dichiararlo fittizio.
Inoltre la cancellazione della Svizzera dalla black list determinerà (sempre con decorrenza dal 2024) anche altri due effetti:
- – non scatterà più il raddoppio delle sanzioni per le violazioni dell’obbligo del monitoraggio fiscale (ossia la mancata indicazione nel quadro RW del modello Redditi dei dati sulle proprietà immobiliari o finanziarie detenute all’estero), e
- – non scatterà più il raddoppio dei termini di accertamento, che avrebbe comportato la possibilità per l’amministrazione finanziaria di disporre di 10 anni per effettuare i controlli.
FRONTALIERI SVIZZERI IN FASCIA DI CONFINE: IN VIGORE L’ACCORDO
Si è conclusa la procedura di scambio degli strumenti di ratifica (come riportato da un comunicato stampa del Consiglio federale svizzero) e pertanto il 17 luglio 2023 è entrato in vigore il nuovo Accordo tra Italia e Svizzera, con Protocollo aggiuntivo, relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri residenti in fascia di confine.
Il nuovo Accordo del 23 dicembre 2020, per espressa disposizione di legge, entra in vigore alla data di ricezione dell’ultima delle notifiche con le quali gli Stati comunicano il completamento dell’iter di ratifica (avvenuta, appunto, il 17 luglio) e si applica dal 1° gennaio dell’anno successivo (e quindi dal 2024) a quello di entrata in vigore dello stesso.
Questo nuovo Accordo sostituisce quello del 1974 e dispone, in luogo del sistema di esenzione del reddito nello Stato di residenza, la tassazione nello Stato in cui l’attività lavorativa viene svolta nel limite dell’80% di quella “ordinaria”, riservando allo Stato di residenza il potere di tassare lo stesso reddito secondo le proprie disposizioni interne.“
La data di entrata in vigore dell’Accordo, fissata al 17 luglio, è di fondamentale importanza per individuare lo spartiacque tra “vecchi” e “nuovi” frontalieri: il nuovo Accordo opera, infatti, per coloro che entrano nel mercato del lavoro transfrontaliero dopo il 17 luglio 2023, mentre ai lavoratori frontalieri residenti in Italia che al 17 luglio svolgono, o che tra il 31 dicembre 2018 e il 17 luglio 2023 hanno svolto, un’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera, si applica il regime transitorio, in virtù del quale, in deroga al principio di tassazione concorrente, rimangono imponibili soltanto in Svizzera i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe.
Sono altresì ricollegate all’entrata in vigore dell’Accordo le decorrenze delle seguenti modifiche alla disciplina interna dei frontalieri, le quali quindi troveranno applicazione dal 2024:
– l’innalzamento da 7.500 a 10.000 euro del limite oltre il quale il reddito di lavoro dipendente prestato in zona di frontiera dai lavoratori italiani è assoggettato a tassazione;
– la deducibilità dei contributi obbligatori per i prepensionamenti di categoria dei lavoratori frontalieri e l’esenzione IRPEF degli assegni familiari;
– le nuove modalità di calcolo della NASPI per i lavoratori frontalieri italiani;
– la riduzione del 20% dell’imposta dovuta sui redditi derivanti dal lavoro prestato in Italia dai frontalieri svizzeri.
PER I FRONTALIERI RESIDENTI IN FASCIA DI CONFINE L’AGENZIA CONFERMA LA PERDITA DEL BENEFICIO IN CASO DI LAVORO DA REMOTO
L’Agenzia delle Entrate si è espressa sul tema della tassazione dei frontalieri, affermando che il residente italiano in fascia di confine che svolge la propria attività da remoto dal proprio domicilio alle dipendenze del datore di lavoro svizzero non potrà più essere considerato frontaliere ai fini fiscali a decorrere dalla data di cessazione degli effetti degli accordi “COVID”, fissata al 1° febbraio 2023.
Il chiarimento, contenuto nella risposta a interpello n. 171 del 26/01/2023, è importante al fine di definire la modalità di tassazione del reddito da assoggettare alle regole ordinarie (le quali si sostanziano nella tassazione del reddito in entrambi gli Stati).
Per quanto riguarda il contenuto dell’interpello presentato dal contribuente, viene chiesta la possibilità di applicare in campo fiscale quanto previsto dai Regolamenti europei nn. 883/2004 e 987/2009, valevoli anche nei rapporti con la Svizzera, i quali accordano ai frontalieri l’adozione (per quanto riguarda il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale) della sola legislazione dello Stato ove ha sede il datore di lavoro anche se una parte dell’attività lavorativa (non superiore al 25% della retribuzione e/o dell’orario di lavoro) viene svolta da remoto nello Stato di residenza del lavoratore.
Il responso dell’Agenzia delle Entrate è stato negativo, sulla scorta della prassi consolidata dell’Agenzia delle Entrate, per cui la qualifica di frontaliere è subordinata allo spostamento fisico quotidiano della persona dal proprio domicilio al luogo di lavoro nell’altro Stato.
Altro chiarimento, anch’esso di carattere restrittivo, riguarda le modalità di ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera.
Sempre avendo a riguardo la suddivisione della prestazione lavorativa indicata dal contribuente (75% dei giorni lavorati in presenza in Svizzera e 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia), una delle possibili ipotesi sarebbe stata quella di considerare la persona quale frontaliere “pro quota”, limitatamente al 75% del reddito, e si sottoporre a tassazione italiana la restante quota del 25%.
Questa ipotesi non è stata avvallata dall’Agenzia delle Entrate, presumibilmente sulla base dei criteri della circolare n. 2/2003 (§ 9), secondo la quale il regime dei frontalieri è riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo intermittente) si recano all’estero per svolgere la prestazione lavorativa.
Ciò comporta che tutto il reddito prodotto viene escluso dai criteri impositivi previsti dall’art. 15 paragrafo 4 della Convenzione Italia-Svizzera, il quale, con riferimento all’Accordo del 1974 concernente i frontalieri residenti in fascia di confine, riconosce alla Confederazione Elvetica il potere esclusivo di tassazione.
L’Agenzia delle Entrate ritiene che si debba pertanto applicare l’art. 15 paragrafo 1 della Convenzione medesima, con la conseguenza che:
– la porzione di reddito corrispondente al 75% dei giorni lavorati in Svizzera venga assoggettata a tassazione sia in Italia, sia in Svizzera (con credito in Italia per le imposte pagate in Svizzera);
– la porzione di reddito corrispondente al 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia venga assoggettata a tassazione esclusiva in Italia (in questo caso, infatti, coincidono la residenza del lavoratore e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa).
Per una diversa disciplina della problematica dovrà presumibilmente intervenire un Accordo bilaterale tra Italia e Svizzera che regoli la materia, sulla falsariga dell’Accordo amichevole che la Confederazione Elvetica ha siglato con la Francia al fine di consentire che una parte non preponderante della prestazione lavorativa svolta da remoto (sino al 40%, in base a tale Accordo con la Francia) non sia suscettibile di fare perdere alla persona lo status di frontaliere e i relativi benefici.
NOVITA’ FISCALI SULLE CRIPTO-ATTIVITÀ DETENUTE DA SOGGETTI RESIDENTI
Il regime fiscale delle cripto-attività è stato formulato ex novo dalla L. 197/2022, con riferimento alle imposte sui redditi, al monitoraggio fiscale e alle imposte indirette.
Innanzitutto è stato chiarito che per cripto-attività si intende “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologie analoga”.
Con l’introduzione del nuovo art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR, rientrano tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.
La norma stabilisce in particolare:
- – che tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta,
- – che le minusvalenze sono compensabili solo con plusvalenze della stessa natura e sono riportabili all’anno successivo solo se superiori a 2.000 euro;
- – che noncostituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.
Pertanto i redditi derivanti dalle cripto-attività rientrano esclusivamente tra i redditi diversi e non sono più riconducibili ai redditi di capitale relativi alle valute estere (come era stato indicato in passato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate). Viene di conseguenza meno la previsione per cui la natura di plusvalenza sarebbe subordinata alla detenzione di tali attività per almeno 7 giorni lavorativi continui per un importo superiore a 51.645,69 euro.
Riguardo alle minusvalenze, si osserva che il nuovo art. 68 comma 9-bis del TUIR prevede che le plusvalenze su cripto-attività siano sommate alle minusvalenze su cripto-attività.
È stata poi prevista un’apposita disciplina transitoria ai sensi della quale le minusvalenze realizzate su cripto-attività sino al 2022 possono essere portate a deduzione delle plusvalenze in modo “ordinario” ai sensi dell’art. 68 comma 5 del TUIR.
Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze su cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023, la legge di bilancio 2023 ha inoltre previsto la possibilità di rivalutarne il costo, assumendo, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore a tale data, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR e previo assoggettamento a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 14%.
L’imposta sostitutiva del 14% deve essere versata, alternativamente:
– in un’unica soluzione, entro il 30 giugno 2023;
– in modo rateale (ossia, in un massimo di tre rate annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima).
Viene inoltre consentita la compensazione con importi a credito nel modello F24.
La rideterminazione del valore delle cripto-attività ha effetto ai soli fini dei redditi diversi di natura finanziaria e non consente il realizzo di minusvalenze deducibili.
Un aspetto interessante è poi rappresentato dalla generale applicazione di imposte patrimoniali sulla detenzione delle cripto-attività.
Fino all’anno scorso, le cripto-attività non erano soggette all’IVAFE, come chiarito anche dalle risposte a interpello Agenzia delle Entrate 24 novembre 2021 n. 788, 24 agosto 2022 n. 433 e 26 agosto 2022 n. 437.
A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività risultano soggette all’imposta di bollo o, alternativamente, a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’IVAFE.
Entrambe le imposte adottano un’aliquota nella misura proporzionale dello 0,2%.
L’imposta sul valore delle cripto-attività che adotta le regole dell’IVAFE è dovuta ove le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone.
Gli obblighi di assolvimento di quest’ultima vengono estesi alla generalità dei soggetti residenti, ove le cripto-attività non siano assoggettate all’imposta di bollo. Sembra, quindi, che anche i soggetti imprenditori dovranno assolverla.
Considerato il rimando all’applicazione della disciplina IVAFE, resta comunque fermo quanto previsto dal comma 20 dell’art. 19 del DL 201/2011, secondo cui per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta è dovuta nella misura massima di 14.000 euro.