Daily Archives: 30 January 2023

PER I FRONTALIERI RESIDENTI IN FASCIA DI CONFINE L’AGENZIA CONFERMA LA PERDITA DEL BENEFICIO IN CASO DI LAVORO DA REMOTO

L’Agenzia delle Entrate si è espressa sul tema della tassazione dei frontalieri, affermando che il residente italiano in fascia di confine che svolge la propria attività da remoto dal proprio domicilio alle dipendenze del datore di lavoro svizzero non potrà più essere considerato frontaliere ai fini fiscali a decorrere dalla data di cessazione degli effetti degli accordi “COVID”, fissata al 1° febbraio 2023.
Il chiarimento, contenuto nella risposta a interpello n. 171 del 26/01/2023, è importante al fine di definire la modalità di tassazione del reddito da assoggettare alle regole ordinarie (le quali si sostanziano nella tassazione del reddito in entrambi gli Stati).

Per quanto riguarda il contenuto dell’interpello presentato dal contribuente, viene chiesta la possibilità di applicare in campo fiscale quanto previsto dai Regolamenti europei nn. 883/2004 e 987/2009, valevoli anche nei rapporti con la Svizzera, i quali accordano ai frontalieri l’adozione (per quanto riguarda il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale) della sola legislazione dello Stato ove ha sede il datore di lavoro anche se una parte dell’attività lavorativa (non superiore al 25% della retribuzione e/o dell’orario di lavoro) viene svolta da remoto nello Stato di residenza del lavoratore.

Il responso dell’Agenzia delle Entrate è stato negativo, sulla scorta della prassi consolidata dell’Agenzia delle Entrate, per cui la qualifica di frontaliere è subordinata allo spostamento fisico quotidiano della persona dal proprio domicilio al luogo di lavoro nell’altro Stato.

Altro chiarimento, anch’esso di carattere restrittivo, riguarda le modalità di ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera.
Sempre avendo a riguardo la suddivisione della prestazione lavorativa indicata dal contribuente (75% dei giorni lavorati in presenza in Svizzera e 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia), una delle possibili ipotesi sarebbe stata quella di considerare la persona quale frontaliere “pro quota”, limitatamente al 75% del reddito, e si sottoporre a tassazione italiana la restante quota del 25%.

Questa ipotesi non è stata avvallata dall’Agenzia delle Entrate, presumibilmente sulla base dei criteri della circolare n. 2/2003 (§ 9), secondo la quale il regime dei frontalieri è riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo intermittente) si recano all’estero per svolgere la prestazione lavorativa.

Ciò comporta che tutto il reddito prodotto viene escluso dai criteri impositivi previsti dall’art. 15 paragrafo 4 della Convenzione Italia-Svizzera, il quale, con riferimento all’Accordo del 1974 concernente i frontalieri residenti in fascia di confine, riconosce alla Confederazione Elvetica il potere esclusivo di tassazione.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che si debba pertanto applicare l’art. 15 paragrafo 1 della Convenzione medesima, con la conseguenza che:
– la porzione di reddito corrispondente al 75% dei giorni lavorati in Svizzera venga assoggettata a tassazione sia in Italia, sia in Svizzera (con credito in Italia per le imposte pagate in Svizzera);
– la porzione di reddito corrispondente al 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia venga assoggettata a tassazione esclusiva in Italia (in questo caso, infatti, coincidono la residenza del lavoratore e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa).

Per una diversa disciplina della problematica dovrà presumibilmente intervenire un Accordo bilaterale tra Italia e Svizzera che regoli la materia, sulla falsariga dell’Accordo amichevole che la Confederazione Elvetica ha siglato con la Francia al fine di consentire che una parte non preponderante della prestazione lavorativa svolta da remoto (sino al 40%, in base a tale Accordo con la Francia) non sia suscettibile di fare perdere alla persona lo status di frontaliere e i relativi benefici.

NOVITA’ FISCALI SULLE CRIPTO-ATTIVITÀ DETENUTE DA SOGGETTI RESIDENTI

Il regime fiscale delle cripto-attività è stato formulato ex novo dalla L. 197/2022, con riferimento alle imposte sui redditi, al monitoraggio fiscale e alle imposte indirette.
Innanzitutto è stato chiarito che per cripto-attività si intende “una rappresentazione digitale di valore o di diritti che possono essere trasferiti o memorizzati elettronicamente, utilizzando la tecnologia di registro distribuito o una tecnologie analoga”.
Con l’introduzione del nuovo art. 67 comma 1 lett. c-sexies) del TUIR, rientrano tra i redditi diversi di natura finanziaria “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate”.

La norma stabilisce in particolare:

  • – che tali redditi non sono assoggettati a tassazione se inferiori, complessivamente, a 2.000 euro nel periodo d’imposta,
  • – che le minusvalenze sono compensabili solo con plusvalenze della stessa natura e sono riportabili all’anno successivo solo se superiori a 2.000 euro;
  • – che noncostituisce fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi le medesime caratteristiche e funzioni.

Pertanto i redditi derivanti dalle cripto-attività rientrano esclusivamente tra i redditi diversi e non sono più riconducibili ai redditi di capitale relativi alle valute estere (come era stato indicato in passato dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate). Viene di conseguenza meno la previsione per cui la natura di plusvalenza sarebbe subordinata alla detenzione di tali attività per almeno 7 giorni lavorativi continui per un importo superiore a 51.645,69 euro.

Riguardo alle minusvalenze, si osserva che il nuovo art. 68 comma 9-bis del TUIR prevede che le plusvalenze su cripto-attività siano sommate alle minusvalenze su cripto-attività.
È stata poi prevista un’apposita disciplina transitoria ai sensi della quale le minusvalenze realizzate su cripto-attività sino al 2022 possono essere portate a deduzione delle plusvalenze in modo “ordinario” ai sensi dell’art. 68 comma 5 del TUIR.

Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e delle minusvalenze su cripto-attività possedute alla data del 1° gennaio 2023, la legge di bilancio 2023 ha inoltre previsto la possibilità di rivalutarne il costo, assumendo, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore a tale data, determinato ai sensi dell’art. 9 del TUIR e previo assoggettamento a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 14%.

L’imposta sostitutiva del 14% deve essere versata, alternativamente:
– in un’unica soluzione, entro il 30 giugno 2023;
– in modo rateale (ossia, in un massimo di tre rate annuali di pari importo, con interessi del 3% annuo sulle rate successive alla prima).
Viene inoltre consentita la compensazione con importi a credito nel modello F24.

La rideterminazione del valore delle cripto-attività ha effetto ai soli fini dei redditi diversi di natura finanziaria e non consente il realizzo di minusvalenze deducibili.

Un aspetto interessante è poi rappresentato dalla generale applicazione di imposte patrimoniali sulla detenzione delle cripto-attività.
Fino all’anno scorso, le cripto-attività non erano soggette all’IVAFE, come chiarito anche dalle risposte a interpello Agenzia delle Entrate 24 novembre 2021 n. 788, 24 agosto 2022 n. 433 e 26 agosto 2022 n. 437.
A partire dal 1° gennaio 2023, invece, anche le cripto-attività risultano soggette all’imposta di bollo o, alternativamente, a un’imposta sul valore delle cripto-attività che riprende per buona parte la normativa dell’IVAFE.
Entrambe le imposte adottano un’aliquota nella misura proporzionale dello 0,2%.

L’imposta sul valore delle cripto-attività che adotta le regole dell’IVAFE è dovuta ove le cripto-attività siano detenute presso un intermediario non residente, o se sono archiviate su chiavette, PC o smartphone.
Gli obblighi di assolvimento di quest’ultima vengono estesi alla generalità dei soggetti residenti, ove le cripto-attività non siano assoggettate all’imposta di bollo. Sembra, quindi, che anche i soggetti imprenditori dovranno assolverla.

Considerato il rimando all’applicazione della disciplina IVAFE, resta comunque fermo quanto previsto dal comma 20 dell’art. 19 del DL 201/2011, secondo cui per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta è dovuta nella misura massima di 14.000 euro.