PER I FRONTALIERI RESIDENTI IN FASCIA DI CONFINE L’AGENZIA CONFERMA LA PERDITA DEL BENEFICIO IN CASO DI LAVORO DA REMOTO

L’Agenzia delle Entrate si è espressa sul tema della tassazione dei frontalieri, affermando che il residente italiano in fascia di confine che svolge la propria attività da remoto dal proprio domicilio alle dipendenze del datore di lavoro svizzero non potrà più essere considerato frontaliere ai fini fiscali a decorrere dalla data di cessazione degli effetti degli accordi “COVID”, fissata al 1° febbraio 2023.
Il chiarimento, contenuto nella risposta a interpello n. 171 del 26/01/2023, è importante al fine di definire la modalità di tassazione del reddito da assoggettare alle regole ordinarie (le quali si sostanziano nella tassazione del reddito in entrambi gli Stati).

Per quanto riguarda il contenuto dell’interpello presentato dal contribuente, viene chiesta la possibilità di applicare in campo fiscale quanto previsto dai Regolamenti europei nn. 883/2004 e 987/2009, valevoli anche nei rapporti con la Svizzera, i quali accordano ai frontalieri l’adozione (per quanto riguarda il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale) della sola legislazione dello Stato ove ha sede il datore di lavoro anche se una parte dell’attività lavorativa (non superiore al 25% della retribuzione e/o dell’orario di lavoro) viene svolta da remoto nello Stato di residenza del lavoratore.

Il responso dell’Agenzia delle Entrate è stato negativo, sulla scorta della prassi consolidata dell’Agenzia delle Entrate, per cui la qualifica di frontaliere è subordinata allo spostamento fisico quotidiano della persona dal proprio domicilio al luogo di lavoro nell’altro Stato.

Altro chiarimento, anch’esso di carattere restrittivo, riguarda le modalità di ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera.
Sempre avendo a riguardo la suddivisione della prestazione lavorativa indicata dal contribuente (75% dei giorni lavorati in presenza in Svizzera e 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia), una delle possibili ipotesi sarebbe stata quella di considerare la persona quale frontaliere “pro quota”, limitatamente al 75% del reddito, e si sottoporre a tassazione italiana la restante quota del 25%.

Questa ipotesi non è stata avvallata dall’Agenzia delle Entrate, presumibilmente sulla base dei criteri della circolare n. 2/2003 (§ 9), secondo la quale il regime dei frontalieri è riservato ai soggetti che quotidianamente (e non, quindi, in modo intermittente) si recano all’estero per svolgere la prestazione lavorativa.

Ciò comporta che tutto il reddito prodotto viene escluso dai criteri impositivi previsti dall’art. 15 paragrafo 4 della Convenzione Italia-Svizzera, il quale, con riferimento all’Accordo del 1974 concernente i frontalieri residenti in fascia di confine, riconosce alla Confederazione Elvetica il potere esclusivo di tassazione.

L’Agenzia delle Entrate ritiene che si debba pertanto applicare l’art. 15 paragrafo 1 della Convenzione medesima, con la conseguenza che:
– la porzione di reddito corrispondente al 75% dei giorni lavorati in Svizzera venga assoggettata a tassazione sia in Italia, sia in Svizzera (con credito in Italia per le imposte pagate in Svizzera);
– la porzione di reddito corrispondente al 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia venga assoggettata a tassazione esclusiva in Italia (in questo caso, infatti, coincidono la residenza del lavoratore e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa).

Per una diversa disciplina della problematica dovrà presumibilmente intervenire un Accordo bilaterale tra Italia e Svizzera che regoli la materia, sulla falsariga dell’Accordo amichevole che la Confederazione Elvetica ha siglato con la Francia al fine di consentire che una parte non preponderante della prestazione lavorativa svolta da remoto (sino al 40%, in base a tale Accordo con la Francia) non sia suscettibile di fare perdere alla persona lo status di frontaliere e i relativi benefici.